La Stampa – Il giovin barone Marco Marrocco…

Il giovin barone Marco Marrocco Vini siciliani, alta finanza e nobiltà Amico di Carlo d’Inghilterra, è un brillante top manager Consigliere di amministrazione e direttore strategico della AonRisk (secondo broker assicurativo mondiale) Non ama parlare dei flirt con WinonaRyder e la Arcuri.

MICHELA MASTRODONATO

Del gossip non ama troppo parlare. Eppure Marco Marrocco Trischitta è assurto alle cronache mondane per i suoi flirt con Wynona Ryder e Manuela Arcuri e per la sua amicizia con Carlo d’Inghilterra ed Emanuele Filiberto di Savoia. Preferisce parlare di lavoro: laureato a Cambridge, è un brillante top manager, stimato esponente della nobiltà siciliana, direttore strategico e consigliere di amministrazione della Aon Risk (secondo broker assicurativo mondiale). A soli 36 anni è il più giovane dei ventuno direttori strategici europei. Piuttosto che della sua vita notturna, infatti, Marco Marrocco ama parlare di quella diurna («Anche perché è quella in cui spendo tutte le mie energie»).

Di quella che inizia, cioé, ogni giorno alle sei e quarantacinque nella sua casa ai Parioli. Al clima non fa caso per un’abitudine acquisita in città dai climi piuttosto uggiosi («Nove anni sotto il cielo plumbeo di Londra e due anni a New York»). E siccome a Londra ci va ancora spesso per motivi di lavoro, in Jermyn Street acquista il dopobarba Penhaligon’s e i prodotti Geo F. Trumper’s («Saponi per il pennello al contatto con l’acqua diventano una autentica crema da barba»). La colazione la consuma in tenuta notturna: un caffè che Marco Marrocco prepara da sé con la moka. Ai capelli basta una pettinata perché se ne occupa mirabilmente un barbiere milanese («E’ un barbiere sconosciuto, in via Pirelli, ma bravissimo. Cura i capelli uno per uno»). Decide come vestirsi all’ultimo momento, con abiti cuciti da Luigi Gallo in via Flavia («Il miglior sarto di Roma»), camicie su misura che escono dal Portone in via delle Carrozze, e cravatte di Hermes. Le scarpe sono londinesi, di Lobb’s, mentre l’orologio che porta al polso è un Rolex Daytona in acciaio. Intorno alle otto Marco Marrocco esce da casa, dopo aver guardato per un attimo una foto del padre Marcello mancato qualche anno fa («E’ una foto che sta su una table abillé in salotto»).

Una volta fuori sale su una Audi A3 Turbo blu che guida da solo fino all’ufficio mentre ascolta le notizie alla Radio e dà il buongiorno alla fidanzata Giacinta. L’autista Mauro Aureli, ex-batterista del gruppo di Bruno Martino, lo accompagna solo negli spostamenti importanti o all’aeroporto. Intorno alle otto e quaranta entra alla Aon per cui lavora dall’89 (oltre 1 miliardo di Euro di premi intermediati, 800 posti di lavoro, di cui circa 80 coordinati da Marrocco), dove trova la segretaria Daniela. Spesso, però, i meeting d’affari con clienti importanti si svolgono a colazione al Circolo dei Canottieri Aniene, e gli incontri più formali al Circolo degli Scacchi di via del Corso. Nelle giornate in cui il pranzo è solo un piccola pausa, fa una scappata sotto l’ufficio accanto al Colosseo al “Café Café” per un’insalata o all’enoteca “Divinare” per un piatto freddo. Marco Marrocco, che da ragazzo avrebbe voluto diventare pilota di Formula Uno, soffre per le telefonate di chi non arriva al punto con rapidità…(«Ma guardi che l’automobilismo non era solo un sogno. All’oscuro dei miei, a 18 anni correvo in Formula 2000. Trovavo gli sponsors tra i genitori degli amici, o della mia fidanzatina di allora che era la figlia di un grande industriale europeo, sponsor che rimanevano anche contenti perché vincevo………Poi mia madre scoprì una videocassetta di una gara e mio padre, preoccupato ma animato da ammirato disprezzo, minacciò di diseredarmi»). Di quell’esperienza Marrocco ha conservato la tuta, il casco «e il sangue freddo». La telefonata più gradita è invece quella inaspettata di un amico di passaggio a Roma. Una città che Marco Marrocco ama per la diversità dei suoi quartieri monumentali

(«Per la luce che dal cielo qui filtra in modo unico, diverso da tutte le altre città del mondo»). La giornata finisce quando alle venti, uscendo dall’ufficio, Marco Marrocco spegne la luce generale dalla centralina e va a cena con Giacinta al Bacaro in via degli Spagnoli o alla pizzeria Opera in Piazza Fontanella Borghese. Uno degli ultimi pensieri è senz’altro il sogno che Marrocco coltiva in un cassetto da qualche anno, quello di occuparsi più da vicino del Serramarrocco, il “nobile” vino prodotto dal latifondo siciliano della famiglia: dodici ettari che nel 2000 hanno prodotto 13 mila bottiglie di merlot, annoverato da Luca Maroni tra i migliori vini italiani e con altissimo potenziale.

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